Entrare nella morte da vivi

A p. 53 del bellissimo volume di Antonella La passione secondo Maria Maddalena, Maria Maddalena del Risorto — voce mistica, profetica — ci introduce in un’esperienza che accade nel lettore, se questi è disposto a lasciarsi condurre fino al limite, fino alla soglia dove la vita tocca la morte e la trasfigura.

Nella visione mistico-teologica elaborata da Antonella, “entrare nella morte da vivi” significa oltrepassare la soglia, abitare consapevolmente il passaggio, non fuggire il buio, discendere in esso con occhi aperti, come Cristo sulla croce, come Maddalena presso il sepolcro. È un invito a conoscere da dentro l’abisso, a patire il dolore del mondo fino a che, in quel patire, si accenda una luce che non viene da noi, ma che ci invade, ci penetra, ci risveglia. La morte della morte, altra espressione molto usata da Antonella, equivale a vivere l’eterno nel tempo.

La figura di Cristo appare come il Trasfigurato crocifisso: rivelazione della gloria sul Tabor, ma insieme immersione totale nella sofferenza del Golgota. Due volti di un unico mistero: la luce non è alternativa al dolore, ma suo compimento, sua verità. La croce non viene rimossa, ma amata, perché lì si manifesta l’Amore puro, capace di assumere tutto ciò che è spezzato, deformato, traviato. In questa visione, Gesù non è soltanto il Salvatore, ma l’Uomo risvegliato alla coscienza divina, il Figlio dell’uomo che si scopre Figlio di Dio, e in questo risveglio ci trascina con sé. La resurrezione allora è una condizione dell’essere: vivere da vivi la morte, farsi attraversare dal dolore senza perdersi, perché già afferrati dalla luce. Superare il limite, la soglia della morte, assumerla, svuotarla del suo potere. Vivere l’eterno nel tempo, ci insegna Antonella.

Nel cuore del testo emerge una voce femminile: lo Spirito Santo e Madre in Dio, custodisce e genera, avvolge e guarisce. È una presenza che accoglie, che risveglia. Il suo sorriso, “come la bocca della notte”, è immagine potentissima: dolce e abissale insieme, che ci chiama oltre i confini della storia, nella fine dei tempi.

Questo frammento di meditazione offerto da Antonella non è teologia da spiegare, ma parola da ricevere, da portare in sé. La scrittura di Antonella — densa, simbolica, spoglia e insieme accesa — si fa liturgia interiore, scrittura rivelata, eco di una voce che non ha origine umana, ma si radica in una memoria più profonda: quella dello Spirito che abita i nostri corpi, che risveglia le anime, che trabocca e spinge ad andare, a seguire il Risorto, a restare andando. La croce non è negata, ma attraversata. L’amore non è un’astrazione, ma carne e spirito che abbraccia anche ciò che è malato, corrotto, ferito.

Questo che Antonella ci presenta è un testo che si attraversa. È un invito a restare dentro il sepolcro, come fece Maria Maddalena, per vedere finalmente il Risorto. Solo chi non ha paura di discendere può accogliere la luce che irrompe, può riconoscere la vita che fiorisce là dove tutto sembrava finito.

La figura di Cristo è presentata in una tensione luminosa: il Trasfigurato crocifisso. Il Tabor e il Golgota non sono opposti, ma facce della stessa rivelazione. Gesù è mostrato come l’Uomo risvegliato alla coscienza di appartenere a Dio, un’umanità finalmente trasparente all’Amore che la abita. In questa prospettiva, la resurrezione non è solo un evento escatologico, ma una condizione esistenziale: vivere da risorti, cioè attraversati dal dolore ma già toccati dalla luce.

Il linguaggio di Antonella è densissimo, è dettato da dentro, con un’autorità che deriva dallo stare nella verità, dalla visione. Le immagini sono simboliche, potentemente evocative, a tratti brucianti: “memoria luminescente nel cuore di fuoco”, “luce taborica”, “il mio sorriso, come la bocca della notte”.

La croce non è rifiutata, ma accolta come luogo di verità. L’amore puro non elimina l’amore ferito, ma lo abbraccia. E in questo gesto di abbraccio, che è quello del Cristo, si apre la possibilità della trasfigurazione. La morte, allora, non è l’ultima parola, ma il varco attraverso cui si entra in uno stato dell’essere rinnovato: la resurrezione come consapevolezza incarnata.

Un altro elemento di straordinaria intensità è la voce dello Spirito Santo, identificata con una presenza materna: “Sono la Madre che è in Dio”: lo Spirito come grembo che accoglie, che guarisce, che attraversa il tempo e raggiunge i più lontani.

Infine, la nota sul “fiume sotterraneo”, che affiora solo alla luce dello Spirito, ci ricorda quanto la nostra coscienza sia attraversata da ombre profonde, da inganni, da vapori sospesi. Ma proprio lì, in quel luogo nascosto, può brillare qualcosa di vero. Non perché lo abbiamo meritato, ma perché siamo cercati, trovati, amati. E perché ci facciamo raggiungere, ci facciamo trovare. Rispondere all’Amore.

Antonella ci insegna che la resurrezione non ci salva dalla morte, ma ci insegna ad attraversarla con gli occhi fissi sulla luce. E che chi cerca, trova. Chi trova, è trovato. Figli della luce.

Entrare nella morte da vivi: via pasquale dell’essere.

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