La fede che tocca il reale

Nell’insegnamento di Antonella, un vero cristianesimo è incarnato. Non vive nelle formule o nei riti separati dal reale, ma scende nel fango della storia, si fa corpo, esperienza, relazione. “Uscire dalla morte spirituale” significa uscire dagli automatismi, dai destini già scritti, dalle eredità psichiche e sociali che ci tengono prigionieri. Amore liberante.

“Lasciarsi amare” significa non avere più paura di se stessi, non nascondersi più ma lasciarsi raggiungere. Perché il desiderio più profondo dell’essere umano, come ci ricorda Antonella, non è essere amati, ma amare. E quando ci sentiamo vuoti, incapaci di amare, quella è la vera ferita spirituale. È la separazione dalla sorgente dell’amore, quella frattura invisibile che genera idolatria e disperazione.

Nella visione mistico-teologica di Antonella, lo Spirito Santo è guarigione del corpo e dell’anima, presenza guaritrice che continua l’opera di Gesù nel mondo, che agisce nei luoghi nascosti dell’anima e del corpo. Lo Spirito risana.

Guarisce ciò che è contaminato dallo spirito del mondo, cioè dal desiderio di possedere la vita anziché riceverla. In verità, la vita spirituale inizia quando si rinuncia al possesso e si accolgono l’Amore e la Luce Quando si accetta di essere abitati.

Solo lo Spirito può curare le ferite dell’amore mancato. E lo fa anche ricordandoci chi siamo: figli e figlie, amati chiamati ad amare.

Nell’opera di Antonella, appare evidente come venga sviluppato il concetto di “resurrezione interiore”, non una resurrezione miracolosa o lontana, ma una rinascita che accade ogni volta che scegliamo di uscire dalla falsa coscienza, ogni volta che accettiamo di essere guardati dalla luce, ogni volta che ci lasciamo amare proprio lì dove ci sentiamo più indegni e vulnerabili.

Il Vangelo ci mostra l’opera di misericordia dello Spirito. Incontrare il Risorto, sottolinea Antonella, non è un evento del passato, ma un’esperienza viva, sempre possibile, che avviene nel cuore di chi attraversa la morte da vivo. È un vedere la luce che squarcia le tenebre dell’anima, un sentire la vita che irrompe dove regnava il vuoto. È riconoscere che il dolore del mondo non è un ostacolo alla grazia, ma la sua soglia più autentica. Andare oltre la soglia della morte che apparentemente separa il tempo dall’eterno, vivere l’eterno nel tempo. La morte della morte, vita eterna nel qui e ora.

Gesù, il Trasfigurato crocifisso, si rivela sul Tabor agli occhi ancora chiusi degli apostoli: occhi che, aprendosi, vedono finalmente la gloria. Non una gloria trionfante, ma quella della luce che abita la carne, la materia, il limite. La luce che scaturisce non nonostante la croce, ma propior attraverso di essa. È lì che il Figlio dell’Uomo si risveglia alla coscienza di sé come Figlio di Dio. E in lui ogni essere umano è chiamato a questo risveglio: sapere di essere sostanza divina, figlio, figlia, dimora dell’Amore.

Nell’insegnamento di Antonella, la croce porta alla luce il dolore del mondo, lo attraversa senza rinnegarlo. Lo assume. L’Amore vero non cancella l’ingiustizia, l’odio, la violenza: li abbraccia, li accoglie, li trasforma.

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