Vorrei proporre una mia riflessione sul bellissimo passaggio di Giovanni 8,51 partendo dall’analisi linguistica dell’originale greco:
Ἐάν τις τὸν λόγον μου τηρήσῃ, οὐ μὴ γεύσηται θανάτου εἰς τὸν αἰῶνα
Viene tradotto dall’edizione CEI 1977: “Chi osserva la mia parola non vedrà mai la morte”. Edizione CEI 2008: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”.
Entrambe le traduzioni rischiano a mio avviso di oscurare alcune sfumature di questo passaggio che meritano attenzione. Allora il verso inizia con una proposizione subordinata condizionale: Ἐάν τις τὸν λόγον μου τηρήσῃ, introduce la condizione necessaria: custodire la Parola di Gesù, vedi il bellissimo verbo τηρήσῃ, verbo reggente della subordinata condizionale, congiuntivo aoristo attivo del verbo τηρέω, verbo molto usato nel vangelo di Giovanni per “custodire, osservare”. Indica un atteggiamento interiore di fedeltà, come espressione di amore. Segue l’apodosi (la conseguenza): οὐ μὴ γεύσηται θανάτου εἰς τὸν αἰῶνα. Il verbo γεύσηται (congiuntivo aoristo) da γεύομαι significa “fare esperienza, assaggiare, provarlo interiormente”. L’espressione εἰς τὸν αἰῶνα io la renderei con “nell’eterno”, qui ha un valore sostantivato, indicando la “vita eterna”.
Chi custodisce la mia parola, non farà esperienza della morte nell’eterno.
L’espressione εἰς τὸν αἰῶνα (eis ton aiōna) indica la dimensione della vita eterna, dove la morte non ha più potere per chi custodisce come un tesoro la parola di Dio. Non si tratta quindi di non morire per sempre, colui/colei che custodisce la parola non fa esperienza della morte proprio perché, essendo già nella vita eterna, la morte è come assorbita e vinta, trasfigurata. Assunta. La morte della morte, spiega Antonella. Vita eterna vita dello spirito, oltre il tempo, dentro il tempo. Tradurre εἰς τὸν αἰῶνα con “nell’eterno” mette in luce che: chi custodisce la Parola entra già ora nella vita eterna (ζωή αἰώνιος, espressione molto frequente in Giovanni, sostantivo ζωή + aggettivo αἰώνιος), quando giungerà la morte fisica, non la sperimenterà come separazione o annientamento, perché vive già nella comunione con Dio. Non farà esperienza della morte, perché già partecipe dell’eterno. Entrato nell’eternità, non conoscerà la morte. La morte viene così trascorsa e trasfigurata, come dice Gesù in Gv 11,25-26: Chi crede in me, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in me non morirà nell’eterno.
Giovanni si riferisce a mio avviso all’ingresso in una qualità di vita, la vita eterna (ζωή αἰώνιος) nella quale la morte non può essere sperimentata come realtà ultima. Infatti il contrasto appare evidente nel dialogo di cui il verso 8,51 viene inserito: si parla della morte di Abramo e dei profeti, morte fisica.
Il termine greco ζωή (zoē), che significa vita, ha un ruolo molto importante nel Nuovo Testamento, soprattutto nel Vangelo di Giovanni, dove è spesso unito all’aggettivo αἰώνιος (aiōnios), cioè eterna, formando l’espressione ζωὴ αἰώνιος (zoē aiōnios) – vita eterna. Appare per la prima volta in Matteo 19,16 e paralleli sinottici.
Ritornando al problema della traduzione in Giovanni 8,51: i traduttori della CEI hanno reso εἰς τὸν αἰῶνα come fosse un’espressione verbale con “mai” e con “in eterno”, oscurando il fatto che αἰῶνα è un sostantivo, accusativo di αἰών: piuttosto quindi da rendere con “nell’eterno”, quindi “nella vita eterna”. Letteralmente, εἰς τὸν αἰῶνα viene analizzata e tradotta con εἰς: preposizione che regge accusativo e indica moto a luogo o direzione temporale, quindi “verso, per, fino a”; τὸν articolo determinativo accusativo, maschile singolare che determina il sostantivo αἰῶνα; αἰῶνα sostantivo (tema αἰών) accusativo, maschile singolare che significa “tempo, eternità, mondo”. Complemento retto da εἰς. A mio avviso, il valore sintattico e la semantica di questa espressione vanno contestualizzate a partire dall’uso che Giovanni fa di αἰών, in stretto riferimento a ζωὴ αἰώνιος.
Giovanni utilizza spesso usa l’aggettivo αἰώνιος (eterno) per qualificare la vita, un certo tipo di vita, denotata dal sostantivo ζωὴ: Chi crede in me ha la vita eterna (Gv 6,47). Il verbo ἔχει (echei) in Giovanni indica una partecipazione viva e dinamica alla realtà divina: il presente ἔχει (“ha”) perché in chi crede, la vita eterna è già attiva dentro. Se vogliamo esprimere l’idea di dinamismo, possiamo rendere ἔχει con espressioni che indicano accesso o ingresso: chi crede in me entra nella vita eterna, chi crede in me ha accesso alla vita eterna. Questo è coerente con Gv 5,24:
“Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato ha la vita eterna […] ed è passato dalla morte alla vita”. Qui Giovanni usa proprio il linguaggio del passaggio, dinamico.
In Gv 4,14 troviamo di nuovo l’espressione εἰς τὸν αἰῶνα in οὐ μὴ διψήσει εἰς τὸν αἰῶνα, tradotto dall’edizione CEI 2008 con “non avrà più sete in eterno” e edizione CEI 1977 “non avrà mai più sete”. Io trovo queste traduzioni fuorvianti. Anche qui εἰς τὸν αἰῶνα viene meglio reso dal sostantivo “nell’eterno”, piuttosto che avverbialmente “mai” o “in eterno”. Entrambe le traduzioni CEI in GV 4,14 mantengono la traduzione data in GV 8,51 di εἰς τὸν αἰῶνα.
Episodio della Samaritana, Gesù dice che chi beve dell’acqua che Gesù dona non avrà più sete perché già nella vita eterna. L’acqua che lui dona trasforma l’interiorità dell’essere umano, diventa sorgente interiore inesauribile, conduce alla vita eterna. Significa che non sperimenterà più la sete radicale, la mancanza assoluta, perché la sua sete più profonda troverà compimento in Dio. Bere quest’acqua significa entrare già ora in questa dimensione di vita che non perisce.
In Giovanni, il termine ζωή (zoē) indica la vita eterna, una qualità di vita nello spazio-tempo diversa dalla semplice vita centrata sull’ego (psychē), una vita chiusa, arida.
Quindi αἰώνιος (aiōnios) in questo contesto indica la vita dell’eterno presente di Dio, la vita rinnovata, risorta. Bere quest’acqua significa entrare già ora in questa dimensione di vita che non perisce. Gesù sta dicendo: Io colmo la tua sete di senso, di amore, di vita vera.
Questo ricorda Agostino:
Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te
Il dono di Gesù diventa parte dell’essere umano, il frammento che racchiude l’intero, l’acqua viva si trasforma in una sorgente. È una presenza dinamica e feconda, che continua a zampillare e crescere. Questa sorgente è lo Spirito Santo, come Gesù chiarirà in Giovanni 7, 37-39:
Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me […] dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva
La fede è essere trasformati ed entrare in una nuova sfera di esistenza, dove già ora si vive secondo l’eternità. La vita eterna come dono già posseduto, ingresso in una nuova dimensione, che trasforma radicalmente l’esistenza.
Chi crede in me entra nel Regno dei cieli, perché la vita eterna è la partecipazione stessa alla vita divina. Chi crede in me è già entrato nella sfera della vita eterna, vive immerso nella realtà del Regno e non è più sotto il potere della morte.
Signore, dammi quest’acqua, perché non abbia più sete e non venga più qui ad attingere (Gv 4,15)
Gesù però sta parlando a livello spirituale, di un pozzo interiore, dove la sete dell’anima trova soddisfazione definitiva. Questo dialogo rivela il cuore del messaggio giovanneo: l’incontro con Cristo trasforma la vita, colmando il desiderio più profondo dell’essere umano. L’acqua che lui dona è lo Spirito Santo, sorgente inesauribile di vita. Chi la riceve non sarà mai più privo di senso o di speranza, perché Dio stesso abita in lui. Questa acqua porta verso la vita eterna, che inizia già ora e si compie pienamente nella comunione con Dio. La sete fisica diventa simbolo della sete spirituale dell’uomo, e Gesù si rivela come colui che solo può dissetare veramente:
Chi ha sete venga a me e beva (Gv 7,37)
Concludendo, l’espressione εἰς τὸν αἰῶνα è estremamente ricca: può essere resa come per sempre, nell’eternità, in eterno. Tutte queste traduzioni sono in qualche modo possibili e corrette, perché ciascuna mette in luce una sfumatura diversa del testo. La dimensione dell’eterno presente in Dio, la vita eterna, la vita dello spirito nello Spirito. Gesù promette che chi custodisce la sua parola non sarà più soggetto al potere della morte, ma entrerà già ora in una qualità di vita in totale comunione con Dio.